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Pastorizzazione e sterilizzazione

Industrialmente esistono diverse tecniche di conservazione che, sfruttando il calore, permettono di conservare l’integrità e la salubrità degli alimenti. In particolare il calore può essere applicato attraverso acqua/vapore, aria, olio: pastorizzazione e sterilizzazione si basano sull’applicazione diretta o indiretta, continua e discontinua di acqua e/o aria.

 

- PASTORIZZAZIONE. Il nome deriva da Pasteur, che intorno al 1860 osservò come birra e vino riscaldati a circa 60°C si conservassero più a lungo, consentendo così il trasporto in terre lontane. Attualmente la pastorizzazione è ottenuta mediante un trattamento che si realizza con diverse combinazioni tempo-temperatura, ed in particolare: temperatura elevata per un breve periodo (High temperature Short Time - 75-85 °C per 10-15 secondi), usata prevalentemente per latte e derivati, temperatura moderata lungo periodo (Low Temperature Long Time - 60-65 °C per 30 minuti), usata prevalentemente per vino e birra. Tali trattamenti hanno l’obiettivo di distruggere tutti i microrganismi patogeni e parte rilevante della flora microbica saprofita, con limitate alterazioni delle caratteristiche organolettiche del prodotto. La sua applicazione è prevalente in alcuni alimenti in forma liquida (soprattutto latte, vino, birra e succhi di frutta), su cui il processo offre risultati migliori, manifestando appieno la sua efficacia e limitando gli effetti avversi.

- STERILIZZAZIONE. Nel 1810 fu pubblicato a Parigi, dal cuoco François Appert, un metodo per la sterilizzazione di carne, pesce, verdura, frutta e simili. Egli fu stimolato nei suoi esperimenti da Napoleone, che aveva bandito un concorso per ottenere un mezzo pratico di conservazione dei cibi per il mantenimento delle truppe. Ad Appert fu assegnato il premio e da allora questo metodo viene diffusamente adottato sia per la conservazione industriale che casalinga. Questo trattamento, se efficacemente applicato, è in grado di distruggere i microrganismi, comprese le spore, ed inattivare enzimi e tossine in grado di danneggiare la salute dei consumatori e/o alterare i prodotti confezionati. Le temperature impiegate nella sterilizzazione sono legate alle caratteristiche dell'alimento e dipendono inoltre dalla pressione a cui la confezione è sottoposta durante il trattamento termico. Il classico sistema di sterilizzazione (appertizzazione) non è molto diverso da quello eseguito da sempre dalla casalinghe per la sterilizzazione della conserva di pomodoro, le marmellate e le conserve in genere: il prodotto viene confezionato e sottoposto a un trattamento di temperatura-pressione effettuata su alimenti già sigillati in contenitori ermetici. I metodi più comuni sono:

 

- In autoclave: utilizzando l’effetto della pressione per qualche minuto a 115°C circa si distruggono o bloccano le attività di enzimi, microrganismi e tossine, si rendono gli alimenti più facilmente digeribili, mantenendone intatto il valore nutritivo. La sterilizzazione in autoclave è valida per una grande varietà di prodotti (legumi, frutta, pesce);

 

- Mediante riscaldamento a più di 115°C dai 20 ai 30 minuti: rende i cibi batteriologicamente puri, ma tuttavia può diminuire il valore nutrizionale. Un esempio è il trattamento a temperatura superiore ai 140°C che viene effettuato per il latte (UHT: Ultra High Temperature): in questo caso i tempi si riducono a pochi secondi.

 

scheda realizzata a cura di S.C. Controllo Alimenti e Igiene delle Produzioni

 

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Cottura domestica

Quando cuociamo un alimento causiamo delle trasformazioni nei cibi dovute all’azione del calore e che possono dare effetti diversi a seconda del metodo di cottura e degli elementi contenuti nel cibo.

        

Perché si cuociono gli alimenti?

- perché il calore riesce ad inattivare alcuni enzimi responsabili della deperibilità dell’alimento,consentendo di aumentarne il tempo di conservazione;

- perché il calore elevato, mantenuto per un certo tempo distrugge microrganismi patogeni;

- perché il calore può degradare alcune sostanze tossiche o antinutrizionali presenti nell’alimento;

- in termini più edonistici, si cuoce per aumentare l’appetibilità del cibo, rendendolo, in alcuni casi, più digeribile per il nostro organismo.

Nelle nostre cucine, grazie all’impiego di strumenti, possiamo operare due differenti tipologie di cottura: a mezzo umido o a mezzo secco, comportando in entrambi i casi trasformazioni organolettiche dell’alimento.

Nella cottura a mezzo umido, la trasmissione del calore avviene attraverso l’acqua o il vapore acqueo, raggiungendo una temperatura massima di 100°C (120°C con la pentola a pressione). In questo modo si ottiene una cottura omogenea di tutto l’alimento, con il solo svantaggio di una perdita di nutrienti solubili nel mezzo di cottura. Ne sono esempi la cottura in bagnomaria, la bollitura, la brasatura, la cottura a vapore e a pressione.

Nella cottura a mezzo secco, invece, la trasmissione del calore avviene per lo più attraverso aria e grassi (oli), raggiungendo una temperatura di 150-200°C. Durante la cottura dell’alimento si crea una specie di “crosta” superficiale che impedisce la fuoriuscita degli elementi nutritivi e intrappola il calore. Esempi di questa tipologia sono la cottura in forno, l’arrostimento, il cartoccio e la frittura.

Negli ultimi anni la tecnologia ha introdotto nelle abitudini domestiche l’utilizzo del forno a microonde. Il riscaldamento dell’alimento avviene grazie a onde elettromagnetiche che provocano una forte agitazione delle particelle di acqua presenti nell’alimento stesso. Tale processo consente quindi, in un tempo molto breve, di scaldare e/o cuocere i cibi senza passare calore ai contenitori che le contengono, di perdere una minima quantità di nutrienti e di utilizzare una limitata quantità di grassi da condimento, risparmiando anche energia.

Attenzione! Forno tradizionale e microonde, anche se spenti, non sono adatti a conservare le pietanze cucinate. E’ buona norma, infatti, riporre in frigorifero gli alimenti cotti ed eventualmente avanzati!

 scheda realizzata a cura di S.C. Controllo Alimenti e Igiene delle Produzioni

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Caldo

Poco dopo aver scoperto il fuoco, l’uomo si è reso conto che poteva utilizzarlo per conservare più a lungo gli alimenti. La conservazione degli alimenti tramite il calore sfruttava, al tempo, il fatto che arrostendo o affumicando le carni queste perdevano buona parte dell’acqua, e il processo di decomposizione, essendo stato alterato il substrato, veniva rallentato. Oggi oltre a questo principio è anche nota  l’azione diretta battericida che il calore esplica sui microrganismi (alterando le loro strutture, le pareti, gli organelli)  e l’azione batteriostatica esercitata sugli enzimi, rallentando così le reazioni metaboliche.

Tra le tecniche di conservazione degli alimenti che sfruttano questo principio le più comuni sono:

 

                     Cottura domestica  

                   

Quando cuociamo un alimento causiamo delle trasformazioni nei cibi dovute all'azione del calore e che possono dare effetti diversi a seconda del metodo di cottura e degli elementi contenuti nel cibo.

Perche si cuociono gli alimenti?

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    Pastorizzazione e sterilizzazione  

Industrialmente esistono diverse tecniche di conservazione che, sfruttando il calore, permettono di conservare l'integrità e la salubrità degli alimenti.

In particolare il calore può essere applicato attraverso acqua/vapore, aria, olio: pastorizzazione e sterilizzazione si basano sull'applicazione diretta o indiretta, continua e discontinua di acqua e/o aria.

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