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Micotossine

Le micotossine sono composti tossici prodotti da diversi tipi di funghi e lieviti che proliferano e si sviluppano con formazioni pulverulente (muffe) bianche, verdastre o nere sulle coltivazioni sia in campo, a causa di particolari condizioni ambientali, quali eccessiva temperatura e umidità, sia durante il trasporto e lo stoccaggio in seguito ad una conservazione o ad un trattamento impropri.
Le tossine prodotte possono giungere al nostro tavolo sia direttamente attraverso le derrate vegetali contaminate ma possono anche introdursi nella catena alimentare indirettamente, attraverso la carne o altri prodotti di origine animale come le uova, il latte e il formaggio mediante ingestione da parte del bestiame di mangime contaminato.
Le micotossine sono tra i contaminanti più pericolosi per la salute dell’uomo; le muffe tossigene sono praticamente ubiquitarie, possono cioè vivere in molti tipi di ambienti, adattandosi bene ad un ampio intervallo di temperature anche se preferiscono il caldo  e in presenza di un tenore di umidità elevata. Sono molto resistenti al calore e non vengono completamente distrutte dalle normali operazioni di cottura, né dai diversi trattamenti a cui vengono normalmente sottoposte le derrate durante i processi di preparazione degli alimenti. Pertanto, le stesse micotossine o loro derivati ancora attivi possono persistere dopo la morte fungo che le ha prodotte ed essere presenti anche quando il prodotto stesso non appare ammuffito.

Ci sono materie prime vegetali che per composizione e zone d’origine sono maggiormente suscettibili delle contaminazioni. Si tratta di ...

  • tutti i cereali (mais, frumento, orzo, avena, segale ecc.),
  • i legumi (ceci, soia),
  • i semi oleaginosi (arachidi, girasole, semi di cotone ecc.),
  • la frutta secca ed essiccata (mandorle, noci, nocciole, fichi secchi, ecc),
  • i semi di cacao e caffè,
  • le spezie come il peperoncino, il pepe, lo zenzero,
  • alcuni tipi di  frutta (uva, mele, pere).

Sono di conseguenza suscettibili di contaminazione alcuni prodotti derivati da queste materie prime quali farine ad uso umano e animale, prodotti contenenti cacao, caffè, vino e birra, succhi di frutta e ortaggi, latte, prodotti contenenti spezie.

I funghi produttori  di muffe tossigene sono appartenenti principalmente ai generi Aspergillus, Penicillium e Fusarium; le micotossine hanno strutture chimiche diverse ma si possono riunire in gruppi di prodotti simili: aflatossine, fumonisine, zearalenone e tricoteceni, ocratossina e patulina.

 

Le Aflatossine sono micotossine prodotte da due specie di Aspergillus, un fungo che si trova in particolare nelle aree caratterizzate da un clima caldo e umido, e  sono considerate le più pericolose per la salute umana e animale.
Diversi tipi di aflatossine sono presenti in natura, principalmente in frutta secca, spezie e cereali a seguito di contaminazioni fungine avvenute prima e dopo la raccolta. L'aflatossina B1 è la più diffusa nei prodotti alimentari ed è una delle più potenti dal punto di vista genotossico e cancerogeno; è prodotta sia dall'Aspergillus flavus che dall'Aspergillus parasiticus. L'aflatossina M1 è uno dei principali metaboliti dell'aflatossina B1 nell'uomo e negli animali e può essere presente nel latte proveniente da animali nutriti con mangimi contaminati da aflatossina B1.
L’Ocratossina è prodotta da varie specie fungine dei generi Aspergillus e Penicillum e contamina soprattutto cereali, frutta secca, cacao, caffè e uva da vino.
Le Fusariotossine sono le micotossine prodotte da diversi funghi del genere Fusarium diffusi colonizzatori di cereali dove trovano le condizioni ottimali per la sintesi delle micotossine. Le Fumonisine sono presenti nel mais e nei prodotti a base di mais mentre lo Zearalenone è diffuso in molti cereali quali frumento, orzo e riso.
Data la loro pericolosità, le micotossine sono regolamentate in oltre 100 Paesi ove sono previste delle soglie di contaminazione nelle varie derrate alimentari ed esiste una rete per il controllo dei prodotti sia nazionali che esteri.

scheda realizzata a cura di S.C. Epidemiologia ed Osservatorio Epidemiologico

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Metalli pesanti

I metalli pesanti sono componenti naturalmente presenti sulla crosta terrestre dove si rinvengono in piccole tracce. Tuttavia alcuni processi industriali, nonché l’utilizzazione massiva di certi beni di consumo, possono incrementare notevolmente la loro presenza nell'ambiente L’esposizione dell’uomo a questi metalli può avvenire attraverso l’ambiente o attraverso l’ingestione di cibi o acqua contaminati. Alcuni di essi sono essenziali per il mantenimento del metabolismo del corpo umano, ma solo se presenti in tracce, altri sono invece da considerarsi tossici.

Il loro accumulo nell’organismo può produrre effetti nocivi nel corso del tempo poiché sono in grado di legarsi alle strutture cellulari in cui si depositano, ostacolando il corretto svolgimento di determinate funzioni vitali dell’organismo. Essi non possono essere né degradati né distrutti e sono soggetti al fenomeno della bioaccumulazione. Tra questi vanno sicuramente ricordati: mercurio (Hg), cadmio (Cd), arsenico (As), cromo (Cr), rame (Cu) e piombo (Pb).

L’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), nell’ambito delle proprie valutazioni del rischio sui contaminanti negli alimenti, laddove possibile (cioè quando si dispone di sufficienti informazioni), stabilisce una dose giornaliera tollerabile (DGT) o settimanale (DTS) per tali sostanze. Si tratta di una stima della quantità media di un contaminante chimico che le persone possono ingerire quotidianamente o settimanalmente nell’arco della vita senza rischi apprezzabili per la salute, ed è in genere espressa in mg per chilogrammo di peso corporeo al giorno o alla settimana (mg/kg di peso corporeo/giorno o settimana).

Il piombo negli alimenti

 

Pb

Il piombo è un contaminante ambientale che si trova sia in natura sia come risultato di attività umane quali l’estrazione mineraria. In un parere pubblicato ad aprile 2010 sui possibili rischi per la salute relativi alla presenza di piombo negli alimenti il gruppo di esperti dell’EFSA  ha ritenuto che i cereali, gli ortaggi e l’acqua potabile sono gli alimenti che contribuiscono in maggior misura all’esposizione alimentare al piombo per la maggior parte degli europei. Il gruppo di lavoro ha concluso che gli attuali livelli di esposizione al piombo costituiscono un rischio basso o trascurabile per la salute della maggior parte degli adulti, ma che esistono potenziali preoccupazioni in particolare per quanto riguarda gli effetti sullo sviluppo neurologico di feti, neonati e bambini.

L’arsenico negli alimenti

 

As

L’arsenico è un contaminante largamente diffuso, sia in natura che come prodotto dell’attività umana. I prodotti alimentari sono la principale fonte di esposizione per la popolazione europea in generale.
Nell’ottobre del 2009 il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA ha adottato un parere sulla presenza di arsenico negli alimenti. Tale parere è incentrato principalmente sull’arsenico inorganico, che è la forma più tossica in cui l’arsenico può essere presente. Le principali fonti di assunzione dell’arsenico inorganico sono i cereali e i prodotti a base di cereali, gli alimenti per usi dietetici speciali (ad esempio le alghe), l’acqua in bottiglia, il caffè e la birra, il riso e i prodotti a base di riso, il pesce e le verdure.

Il mercurio negli alimenti

 

Hg

A dicembre 2012 l’EFSA ha aggiornato il proprio parere scientifico sul mercurio negli alimenti. L’Autorità ha stabilito dosi settimanali tollerabili (TWI) delle principali forme di mercurio negli alimenti: metilmercurio e mercurio inorganico. Il metilmercurio è la forma di mercurio prevalente nel pesce e nei frutti di mare ed è particolarmente tossico per il sistema nervoso in fase di sviluppo, incluso il cervello. Il mercurio inorganico è meno tossico e può essere anch’esso presente nel pesce e nei frutti di mare, così come nei piatti pronti.
L’utilizzo di questo elemento sotto forma di amalgama con l’oro e l’argento nel 1500 in America latina è stata la prima fonte di diffusione nell’ambiente da parte dell’uomo; in seguito, nel 1800, è la combustione di carbone su larga scala che ha introdotto in atmosfera significative quantità di mercurio (presente come impurità nel carbone). Ancora attualmente tale fonte è una delle principali cause di immissione del mercurio nell’ambiente, insieme agli scarichi dell’industria cartiera.  Immesso nell'ambiente attraverso vapori o liquidi di scarico, contamina il terreno, passa nelle falde acquifere e da qui entra nella catena alimentare. La tossicità del minerale viene notevolmente amplificata dai batteri che popolano i fondali acquatici e, in misura minore, dalla microflora intestinale di molte specie animali, tra cui i pesci. Questi microrganismi trasformano il mercurio inorganico nelle sue forme organiche, tra cui la più diffusa e pericolosa è quella metilata (metilmercurio). L'elevata liposolubilità conferisce a questi composti la capacità di risalire la catena alimentare, accumulandosi soprattutto nel tessuto nervoso dei pesci più piccoli, che a loro volta lo trasmettono ai propri predatori ed infine all’uomo che è al vertice della catena alimentare

Il cadmio negli alimenti

 

Cd

Il cadmio origina dalla lavorazione dello zinco (un micronutriente essenziale per le piante, gli animali e gli esseri umani)  ed è ampiamente riciclato (ad es.batterie, rivestimenti, leghe, residui elettronici, pigmenti), ma lo si ritrova anche come impurità in molto prodotti tra cui i fertilizzanti a base di fosforo da cui passa nei prodotti agricoli e nei foraggi per gli animali. Per la popolazione generale, ad eccezione dei fumatori, la fonte principale di esposizione al cadmio è rappresentata dagli alimenti, in particolare alghe marine, pesce e frutti di mare, cioccolato e alimenti per diete specifiche. Il gruppo di esperti scientifici dell' EFSA che si occupa di contaminanti nella catena alimentare ha stabilito la dose settimanale tollerabile per l’uomo. Il cadmio è biopersistente e, una volta assorbito da un organismo, rimane in esso per molti anni (nell'ordine di decine per gli uomini) prima di venire eliminato.

Il cromo negli alimenti

 

Cr

Il cromo è impiegato come rivestimento o come elemento in lega  per la protezione dalla corrosione; le principali attività umane che rilasciano nell’ambiente questo elemento sono la lavorazione dell’acciaio, del cuoio e di sostanze chimiche, che ne aumentano la concentrazione nell’acqua, mentre la combustione di carbone ne rilascia notevoli quantità nell’aria, dalla quale si deposita sul terreno o va a finire nelle acque superficiali.
Il cromo nel terreno si immobilizza aderendo alle particelle terrose, mentre nell’acqua si immobilizza nei sedimenti e solamente in piccole quantità tende a disciogliersi. Il cromo è presente soprattutto in due forme: il cromo trivalente, che in piccole quantità si rivela essenziale per il metabolismo, ed il cromo esavalente, il quale risulta invece fortemente tossico.
Le piante tendono ad assorbire solamente cromo trivalente ed in quantità che raramente possono risultare pericolose.

scheda realizzata a cura di S.C. Epidemiologia ed Osservatorio Epidemiologico

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Fitofarmaci

I fitofarmaci denominati anche prodotti fitosanitari o agrofarmaci sono quei prodotti “contenenti o costituiti da sostanze attive, destinati ad uno dei seguenti impieghi:

  • proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi o prevenire gli effetti di questi ultimi;
  • influire sui processi vitali dei vegetali, ad esempio nel caso di sostanze, diverse dai nutrienti, che influiscono sulla loro crescita;
  • conservare i prodotti vegetali, sempre che la sostanza o il prodotto non siano disciplinati da disposizioni comunitarie speciali;
  • distruggere vegetali o parti di vegetali indesiderati, ecc; controllare o evitare una crescita indesiderata dei vegetali” (definizione tratta dal Reg (CE) 1107/2009)
     
    Più frequentemente sono denominati anche pesticidi, con termine di derivazione anglosassone.

    Essi hanno un ruolo determinante nell’attuale agricoltura, essendo usati per difendere le colture da parassiti (soprattutto insetti e acari) e patogeni (batteri, virus, funghi), per controllare lo sviluppo di piante infestanti e per assicurare il raggiungimento di elevati standard di qualità dei prodotti agricoli. La necessità di proteggere le colture agricole da agenti infestanti di ogni genere ha spinto l’industria e l’agricoltura ad una produzione e ad un uso sempre più massiccio di questi prodotti.
     
    Si tratta di composti dotati spesso di elevata tossicità; il loro uso improprio, non sperimentato e non autorizzato, determina pericoli e rischi per la salute umana e animale. Il loro impiego ha un impatto ormai largamente confermato sulle proprietà fisiche e chimiche dei suoli e sulla fauna.  Alcuni residui, inoltre, possono contaminare le acque superficiali e sotterranee, con effetti pericolosi sulla salute umana e sull’ambiente. Anche i prodotti ittici possono risultare contaminati da questo tipo di composti, poiché i fitofarmaci, per dilavamento del terreno ad opera della pioggia, finiscono nelle acque dei fiumi ed infine nei mari.
     
    Negli anni una serie di regolamenti e direttive comunitarie sono stati emanati al fine di ridurre i rischi derivanti dall’uso dei fitofarmaci, definendo una serie di limiti alle loro concentrazioni nella frutta e nei vegetali, nei cereali e nei prodotti di origine animale. In ultimo la Direttiva 2009/128/CE istituisce un sistema per realizzare un uso sostenibile dei pesticidi riducendone i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente e promuovendo l’uso della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi, quali le alternative non chimiche ai pesticidi.
     
     
     
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Farmaci ad uso veterinario

Diverse possono essere le cause della presenza di residui di farmaci negli alimenti: tra le più frequenti si possono citare... 

  • il mancato rispetto dei tempi di sospensione previsti per il farmaco
  • la mancata od erronea individuazione degli animali trattati 
  • l’uso improprio dei farmaci, cioè a dosaggi troppo elevati o a seguito di uso illegale di farmaci nell’alimentazione animale
     
    Tutto ciò porta alla presenza di residui nelle carni, nel latte e nelle uova.

    E’ purtroppo noto che in alcune situazioni esiste un abuso nell’impiego dei farmaci veterinari o, peggio ancora, un uso del tutto illegale di farmaci proibiti, utilizzati sia per la terapia sia per alterare la normale fisiologia degli animali (ad esempio talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica o beta agoniste), allo scopo di aumentare il volume e il peso delle masse muscolari e quindi ottenere facili guadagni. Si tratta di situazioni di rischio che, nell’ambito della sanità pubblica, sono oggetto di costante sorveglianza da parte dei Servizi Veterinari pubblici, i quali operano in rete e su direttive emanate dal Ministero della Salute e dall’Unione Europea.

    Altro punto importante è il rispetto del “tempo di sospensione” specifico per ogni farmaco, tempo necessario all’organismo animale per metabolizzare il prodotto somministrato e così evitare di trovarne residui nelle carni, nel latte, nelle uova e negli alimenti da essi derivati.

scheda realizzata a cura di S.C. Epidemiologia ed Osservatorio Epidemiologico

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Diossine

Con il termine diossine si intende un gruppo di sostanze discendenti da idrocarburi alogenati, il gruppo include 75 dibenzo diossine e 135 dibenzofurani, ma tra tutti questi soltanto 17 sono tossici. La più tossica è la tetracloroparadibenzodiossina (TCDD, alla base dell’episodio di Seveso) classificata nel 1997 dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel Gruppo 1, ovvero «cancerogeno certo per l’uomo». Sono tutti composti molto solubili in grassi e solventi, molto resistenti ad acidi e alcali, caratteristiche che garantiscono loro un'elevatissima persistenza ambientale. Inoltre le caratteristiche di semi-volatilità permettono loro di essere trasportati per lunghe distanze.
Sono contaminanti molto diffusi ma prodotti involontariamente da processi chimici di combustione, dalla lavorazione di altre sostanze quali: inceneritori dei rifiuti, sbiancamento della pasta di legno, acciaierie, e molte industrie chimiche.

I PCB (policlorobifenili) invece sono idrocarburi di sintesi cioè prodotti dall’uomo, contenenti cloro. A motivo delle loro eccellenti proprietà fisico-chimiche, i PCB sono stati utilizzati nel secolo scorso, come oli idraulici, lubrificanti, agenti ignifughi e nell'elettrotecnica come liquidi isolanti nei trasformatori e dielettrici nei condensatori.
Sebbene il loro impiego sia proibito da tempo, a seguito del largo utilizzo che hanno avuto in passato, si rinvengono ancora oggi nelle apparecchiature elettriche, nei prodotti plastici, nel settore delle costruzioni e nell’ambiente. In natura i PCB non sono biodegradabili (emivita fino a 60 anni) e perciò si diffondono in tutto il mondo.
Sebbene le diossine e alcuni PCB abbiano tossicità analoga, questi ultimi sono rilasciati nell'ambiente in quantità decisamente superiore, permangono più a lungo e e spesso sono presenti in cibo e mangimi in quantità di molto superiori alle diossine.
Entrambe le sostanze sono liposolubili e, a causa della loro buona liposolubilità, si accumulano attraverso la catena alimentare nei tessuti adiposi di pesci e mammiferi. Inoltre si amplificano nella catena alimentare attraverso alcuni passaggi biologici che sono in grado di bioconcentrare le sostanze.

Per le loro proprietà chimiche sono quindi  in grado di persistere a lungo nell’ambiente ed accumularsi  nel tessuto adiposo dell’uomo. La via di assunzione principale è quella alimentare: gli studi effettuati hanno evidenziato che circa il 90% dell'esposizione umana avviene con la dieta e circa l’80% con gli alimenti di origine animale (fonti varie tra cui WHO, l’Organizzazione mondiale della salute). Solo in piccola percentuale l'esposizione sembra da riferirsi alla inalazione di aria contaminata (5%).
La tossicità è legata alla loro capacità di accumularsi negli organismi causando effetti sulla sfera endocrina, riproduttiva e sul sistema nervoso, oltre ad una tossicità acuta (cutanea:cloracne). Alcuni composti sono sospetti o dimostrati cancerogeni. L'esposizione avviene soprattutto per ingestione di prodotti in cui si sono accumulate queste sostanze, quali carni, pesci... Anche l'ambiente acquatico può assorbire le sostanze per deposizione atmosferica, scarichi industriali e dilavamento dei suoli contaminati.

Le verdure rappresentano un rischio inferiore poiché in genere questi contaminanti non sono assorbiti dalle piante, ma si depositano sulle foglie. L’assorbimento attraverso l’apparato radicale da parte delle piante è minimo ad eccezione per i vegetali appartenenti alla famiglia delle Cucurbitaceae, quali zucchine, zucche, ecc. le quali rilasciano particolari sostanze nel suolo, gli essudati radicali, che sono in grado di mobilizzare le diossine in prossimità delle radici rendendole disponibili all’assorbimento (Fries, 1995). Per quanto riguarda i vegetali che crescono sottoterra, come patate e carote, può giocare un certo ruolo l'assorbimento superficiale sui bulbi dovuto al contatto diretto delle diossine presenti nel suolo: la rimozione della buccia comporta l’eliminazione del contaminante.
Nel corso dell'ultimo decennio la normativa dedicata alla contaminazione degli alimenti da diossine, furani e PCB ha subito importanti modifiche, Il Regolamento 850/2004, entrato in vigore nel 2004 contiene disposizioni concernenti la produzione, l'immissione in commercio e l'uso di sostanze chimiche, la gestione di scorte e rifiuti nonché misure per ridurre il rilascio non intenzionale di questi contaminanti  e ne prevede la limitazione delle emissioni ogni qualvolta questo sia possibile. Inoltre, gli Stati membri hanno l'obbligo di predisporre: inventari delle emissioni, piani di attuazione nazionali, meccanismi di monitoraggio e scambio delle informazioni. A partire da 2 pareri, uno dello SCAN (Scientific Committee Animal Nutrition) e uno dello SCF (Scientific Committee Food) la normativa europea è stata ulteriormente modificata.

scheda realizzata a cura di S.C. Epidemiologia ed Osservatorio Epidemiologico

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